Daniela Zangrando espande lo spazio del suo Coffee break a ciò che non capiremo mai perché troppe volte c’è capitato di non capire, di restare muti, annichiliti, troppe volte abbiamo perso qualcuno… e non vediamo ragione, e non capiamo che forse non c’è nulla da capire oltre la primavera.
Oltre, la primavera.
E allora successe.
La frattura,
poi il distacco.
Corse il vento. Più in fretta del solito si lanciò giù per il crinale, per far sì che quei tre non stessero soli di fronte al pericolo.
Arrivò tardivo. Nemmeno il cuore ebbe il coraggio di battergli in petto.
Scossi da brividi di compassione, gli alberi erano già lì. Non avevano neanche dato ai poveretti il messaggio della partenza!
Il larice tremulo si coprì il volto. Il mugo s’allontanò con voce di sentenza.
Giù in paese tutti piangono.
Caduti nella costernazione sono i merli, folli di attonito dolore le cinciallegre. Ululano i cani. Impallidiscono primule e bucaneve.
Gli uomini, impietriti, sciolgono i polsi dalla vita.
Persi i passi, stanno seduti a terra, le bocche serrate, i petti gonfi.
Lei ebbe appena il tempo di alzare il capo. Guardò la montagna.
E quella, dal canto suo, non sparse lacrima.
Non un cenno di turbamento.
Si limitò, devota, a custodirli
nel ventre,
al sicuro sotto la neve.
“L’indifferenza della montagna è prossima a quella che gli uomini chiamano cattiveria.” Appunto manoscritto. 1 marzo 2015.
Daniela Zangrando
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